Paperino agente delle tasse *½ (1954)

Paperino agente delle tasse *½ (Italia 1954, b/n e col., 31 p.) Guido Martina (S) e Giovan Battista Carpi (D), Albi d’Oro #10 [Paperino agente delle tasse] (7/3/1954). Paperino è adibito dal sindaco alla riscossione delle imposte. Le sue prime “vittime” sono il salumiere e il fornaio che vantano dei crediti nei suoi confronti, ma questi riescono a prendersi gioco di lui. Alla fine Paperino si troverà a pretendere soldi dallo Zio Paperone, che per non pagare un soldo bucato finge una crisi di memoria, proprio come quella che Paperino avrebbe dopo esser stato malmenato da alcuni gangster verso cui lo ha subdolamente indirizzato il fornaio. L’inizio richiama le storie di Barks come Qui Quo Qua esattori (1946), dato che i Nipotini si uniscono fin da subito alla missione, Martina sceglie però a metà storia la strada del puro nonsense (la memoria perduta trattata come un oggetto smarrito, sinestetici doppi sensi, la «cura» per Zione e nipote allestita dal dottor Piripacchio), ma la sua mano non è molto fine. Sulla paura italica delle tasse servirebbe un trattato sociologico, ma sul tema l’autore piemontese elaborerà migliori sceneggiature in seguito, per ora emerge – a livello dialogico – la sua volontà di battere sui modi di dire radicati, con un esito invero ancora ingessato. Zio Paperone (sotto-utilizzato) ha un inedito maggiordomo quasi completamente sordo, che ovviamente concorre alle gag. Il «salumaio» (Prosciuttelli) e il fornaio (Sfilatino Bencotto) sono ricavati per fisionomia dai malfattori della gottfredsoniana Banda dei piombatori (1938), pubblicata in Albo d’Oro fino al 1953, mentre Paperino e Qui Quo Qua sono di stampo taliaferriano. Alle chine contribuisce Giulio Chierchini.

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