Paperino e i gamberi in salmì **** (1956)

Paperino e i gamberi in salmì **** (Italia 1956, b/n e col., 50 p.) Romano Scarpa (S e D), Topolino #132-133 (10-25/2/1956). Inaspettatamente Paperino è convocato da Gedeone De’ Paperoni, fratello di Paperone e direttore del più importante quotidiano del Paese, ovvero il «Grillo Parlante», per indagare su un particolare membro del circolo dei cuochi ronchisiano in visita in America. Proprio costui è rapito mentre si trova in una pasticceria, davanti a Paperino completamente impotente (riuscirà solo a filmare la fuga dell’auto su cui è stato fatto salire). È richiesto un riscatto di 500.000 porzioni di gamberi in salmì (!), ma – rese disponibili allo scambio per mezzo di un autotreno – saranno infine rifiutate dai sequestratori perché «offendono il loro palato». Paperino contatta tutte le eminenti personalità di varie discipline per scoprire chi è il rapito e quale fosse la sua vera specialità ma non cava un ragno dal buco e, mentre Paperone cerca di accaparrarsi il giornale del fratello perché l’impossibilità a risolvere il mistero ha rovinato la reputazione del «Grillo Parlante» e il suo fondatore pensa che a ciò non vi sia più rimedio, i Nipotini raccolgono un indizio dopo l’altro fino a scoprire, per il rotto della cuffia, l’identità del rapito, la ragione del suo rapimento e «chi» lo ha fatto sequestrare. Tutti ne vedranno delle belle. Un titolo “gastronomico” che ha fatto epoca, una scrittura scoppiettante, un ritmo gagliardo sin dalle prime battute, forse tante le componenti vincenti non ancor sceverate per quello che ufficialmente è l’esordio nella sceneggiatura di Romano Scarpa, allora il migliore illustratore italiano delle trame Disney. L’autore, tornando sul suo abbozzo Paperino agente investigativo (1953), cui all’epoca non si era dato séguito, allestisce un pastiche dall’hard boiled e dal noir che vive di luce propria, con un gusto inarrestabile per il racconto e per la caratterizzazione precisa e circostanziata dei personaggi (il «melodioso suono» che quando va in stampa l’edizione della notte Gedeone fa diffondere a incoraggiamento degli onesti e allarme per i trasgressori della legge), e una inside view accattivante delle dinamiche giornalistiche e del rapporto fra autorità. Gli insegnamenti e la forza trainante della striscia americana (non solo Disney, è chiaro) sono assimilati, si pensi pure alle gag sdrammatizzanti che invece di rallentare le azioni conferiscono all’intero andamento nuovo nerbo, ma qui Scarpa sta traendo linfa anche dalla migliore tradizione comica cinematografica italiana, con la sua cura minuziosa per il commento beffardo e le notazioni simpaticamente scorrette. Pregiate inquadrature decentrate, soluzioni che riecheggiano il fotogramma filmico (la stessa “ripresa” si ripete consecutivamente ma al suo interno la storia scorre, anche solo suggerita dalle voci fuori campo) e consolidate finezze narrative come il rapido primo piano dei titoli dei giornali che emergono dalle rotative, completano l’alta classe dell’impatto grafico, che è un ovvio passo avanti rispetto al primo getto di tre anni prima e ancor più testimonia la discendenza dal Manuel Gonzales di fine anni ’40 per le somatiche dei canidi e per la certosina impressione del movimento. Tutto, anche quelli che sono stati additati come difetti (la verbosità) ne fanno un prodotto prezioso per la sua epoca e ancor oggi godibilissimo a più e più riprese. Il giornalismo investigativo, filtrato dai casi di cronaca e in misura non minore dall’immaginario cinematografico, ebbe vasta eco nella cultura italiana (di quegli anni è inoltre Tom Ficcanaso di Benito Jacovitti), e Scarpa non si ferma alla fascinazione passiva per certo mondo bensì dimostra polso e – conoscitore del più esemplare patrimonio critico su media e società – non abusa del lieto fine ma inconsuetamente lascia qualche nodo non del tutto sgarbugliato, e bisogna leggere le vignette per carpirne la profondità: Gedeone ha più a cuore la «coscienza pulita» del «Grillo Parlante» che diffondere informazioni compromettenti. Spassose le visite ai vari luminari delle rispettive materie, classicamente colti negli estremi sbocchi dei loro interessi, indimenticabile in particolare l’ittiologo ronchisiano che si interroga da decenni sulla «costipazione» dei gamberi in corrente fredda. Impetuosità dell’esordio, freschezza, spessore, leggerezza e gravità (vedi il pathos di Gedeone ingiuriato dai passanti che non sono soddisfatti dal punto morto della sua inchiesta): l’invidiabile equilibrio del tutto concorse a garantire una nuova e influente grammatica del fumetto Disney. Rispetto a Paperino agente investigativo, i sogni di gloria di Paperino nelle prime pagine si limitano a uno, l’intervista a una crasi tra Marilyn Monroe e Gina Lollobrigida: manca dunque la riproduzione parodistica («Lazo nella manica») degli ultimi minuti de L’asso nella manica (1951) di Billy Wilder, ma Scarpa omaggia ugualmente il film in modo meno ingombrante, con l’arrivo di Paperino al palazzo del «Grillo Parlante» trainato da un carro-attrezzi (per l’incidente testé occorsogli). Il meccanismo che vede Paperino arenarsi e i Nipotini risolvere da soli l’increscioso enigma, col primo che infine tenderà a usurpare i meriti dei secondi, è quello di Paperino e il segreto del vecchio castello (1948) di Carl Barks, ma un Donald così dinamico e refrattario al basso profilo in Barks era da tempo tipico di alcune sue ten-pagers, ecco perché in fondo anche per questo poteva figurare come un’avventura assolutamente eccezionale, un Paperino fanfarone (ma non inetto) impegnato in avventure che ricordavano le strisce di Gottredson. Lo Zio Paperone scarpiano è certo, sin dall’inizio, un unicum: l’autore è sinceramente intento a un suo rimodellamento che lo distanzi sia dalle storie italiane ma anche – inevitabilità dei forti processi creativi – da quelle americane. Non si deve rischiare che l’altissimo status di Scrooge lo ponga in combutta con le più sofisticate organizzazioni criminali, ecco dunque che Scarpa provvede a stornarne il sospetto (anche se, come suggeriscono gli stessi mezzi da lui adoperati nei Gamberi in salmì, il mondo della malavita non dev’essergli estraneo: ciò dovrebbe sorprendere?). Gedeone (cui Scarpa infoltirà poi le sopracciglia per accentuarne la caricatura di Mario Gentilini) è a ruota il secondo fratello di Paperone creato in Italia, insieme al «gemello del tic» in Paperino e l’uomo del West (1955): certo non hanno avuto abbastanza fortuna all’estero, anche perché Gedeone confligge con le linee-guida ferree entrate in uso da un certo periodo sulla parentela di Paperon de’ Paperoni, eppure il curriculum di partecipazioni di Gedeone alle storie italiane fin oltre gli anni 2000 è dignitoso e l’interesse verso di lui non è scemato. La sua prima apparizione dal ’56, precisamente, è nella modesta Paperino cronista del giorno dopo (1962) di Osvaldo Pavese e Giuseppe Perego. La linguista Daniela Pietrini risale alla fonte della battuta di Paperino «Un buon detective non perde mai d’occhio i propri merli!» (pagina 12): una canzone popolare infantile in cui un adorato merlo perde una dopo l’altra varie parti del corpo. Si diffidi della versione di questa storia col lettering completamente rifatto: quando ciò avviene, qualche variazione di testo è inevitabile. Paperino e i gamberi in salmì è stata tradotta negli USA per la prima volta solo nel 2015 (e dire che le storie di Scarpa si cominciò a pubblicarle in quel Paese già alla fine degli anni ’80): il titolo è Shellfish Motives.

Fonti:

Link Inducks: I TL 132-AP

La mia prima volta (Ep.2): Paperino e i gamberi in salmì

Il post definitivo su Gedeone de’ Paperoni

Daniela Pietrini, Parola di papero. Storia e tecniche della lingua dei fumetti DisneyL’italiano in pubblico #9, Franco Cesati, Firenze 2008, pp. 208-209.

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