Zio Paperone e la disfida dei dollari **** (1952)

Zio Paperone e la disfida dei dollari **** (Uncle Scrooge in “Only a Poor Old Man”, USA 1952, col., 32 p.) Carl Barks (S e D), Four Color Comics [II serie] #386 [Uncle Scrooge in “Only a Poor Old Man”] ([3/]1952 [11/2/1952]). Nel terreno attiguo a quello di Paperon de’ Paperoni si installano i Bassotti, che vogliono mettere a punto un epocale prelievo di denaro dalle casse del ricco papero al riparo da occhi indiscreti. Paperone riesce a sfruttare il loro processo di smaltimento della terra di risulta per trasportare in sordina tutti i suoi dollari fin dentro le acque di un lago, il cui territorio nel frattempo si premura di comprare regolarmente. I Bassotti, nel perforare l’edificio di Paperone, rimangono quindi con un palmo di naso, ma uno di loro – intenzionato a una battuta di pesca – scova il nascondiglio dei soldi, e l’intera banda sferrerà un prolungato e serrato assalto alla diga di Paperone per far scorrere il suo denaro fin nella loro proprietà. L’anziano magnate e i suoi nipoti suderanno sette camicie per contrastare le armi dei Bassotti (giungenti dall’aria e dall’acqua), e infine – grazie all’azione di termiti subdolamente rifilate a Paperino dai furfanti travestiti – tutto sembra ormai perduto. Finché Paperone non ricorda un episodio della sua gioventù e non decide di sfruttare una capacità fisica in suo solo possesso. Siamo dalle parti del mito: pur non essendo il primo, vero e proprio albo di Uncle Scrooge, il suo nome per la prima volta in caratteri cubitali sulla (splendida) copertina di Carl Barks serve a testarne il gradimento dei lettori, che arriverà puntuale e debordante. Zio Paperone non è più solo una proiezione di stereotipi, un carattere della cui eccentricità ridere o sorridere con distacco, ma un personaggio epico e fortemente magnetico, in preda a condivisibili debolezze, reattivo e meditato in eroismi individualistici, in grado di sfidare il tempo e il proprio tramonto attingendo al ricco sostrato del suo passato (visivamente, cominciano a farsi consistenti i flashback sulla sua elettrizzante backstory personale, grazie a cui per la prima volta apprendiamo come la sua condizione di outsider e la sua scelta di rifiutare i consumi lo abbiano costretto a uno stato di emarginazione de facto dal consorzio civile), in un memorabile finale in cui «un povero vecchio» – che sembra considerare il suo immenso patrimonio soltanto un possedimento materiale dalla funzione tonificante (tuffandovisi, scavandovi gallerie e lasciandoselo piovere in testa), mentre Paperino (che fa da suo – intelligente – contraddittorio) gli ricorda quanti grattacapi tali averi stanno procurando al loro detentore – preannuncia una serie ininterrotta di nuove imprese. Tanto che le – narrativamente tesissime – sequenze di assalto alla diga (con bombe, cormorani addestrati, lenti ustorie…), di impianto allusivamente militare, inscenano l’attacco e la difesa di una roccaforte che racchiude un elemento più significativo e prezioso dei dollari: la forza di volontà e la capacità di autodeterminazione. E qui non sarebbe nuova, in ambito critico, l’identificazione di Paperone con lo stesso Barks, che dopo una serie di batoste umane ed economiche si accingeva a ripartire quasi da zero. Ma il suo respiro ha una capacità universale, e Zio Paperone dalla semplice carta stampata entra dunque a pieno diritto nella galleria dei personaggi forti, indelebili e inesauribili del Novecento, non rutinario e approssimativo come tanti personaggi popolari a lui coevi. I suoi rivali sono simbolicamente degni di lui, e per la prima volta parlano e ragionano, portando a compimento un progetto che in Paperino e la ghiacciata dei dollari (1951) erano arrivati solo a caldeggiare, limitandosi nel suo epilogo a fare da raccoglitori. Mozzafiato e spettacolare la tridimensionalità dell’argine ceduto a pagina 26, un’impegnativa vignetta quadrupla (vuota di personaggi) che mostra una cascata di migliaia di monete, rifinite nei contorni in base alla loro distanza dalla posizione del lettore: di analogo si vedeva poco, negli albi a fumetti, ma non appesantisce la visione come rischierà a più riprese di fare, decenni dopo, Don Rosa. Il più basilare e completo archetipo del conflitto Paperone/Bassotti, ma mantiene nel tanto tempo trascorso l’insostituibile attrattiva del caposaldo, grazie alla forza e alla delicatezza umane che lo attraversano. Il fabbricato cittadino di Zio Paperone («McDuck Building») è a mezza strada fra il Deposito nuovo di zecca dell’appena citata ten-pager e il più tradizionale palazzo delle storie precedenti: di nuovo, non si trova isolato sulla Collina Ammazzomotori ed è ubicato in centro, ma il contenitore del patrimonio monetario (principalmente d’argento, in contrasto col colore giallo attribuitogli nelle ristampe europee) non è più una generica cassaforte bensì un vasto ambiente aerato che giustifica la finta partita di pesca e il transito in barca di cui Paperone e nipoti sono protagonisti nella copertina originale (illustrazione replicata da Barks in più di un dipinto a olio). Nota anche come Paperino e la disfida dei dollari e Zio Paperone in Solo un povero vecchio.

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