Paperino e il pappagallo contante **½ (1950)

Paperino e il pappagallo contante **½ (Donald Duck and “The Pixilated Parrot”, USA 1950, col., 22 p.) Carl Barks (S e D), Four Color Comics [II serie] #282 [Donald Duck and the Pixilated Parrot] ([7/]1950 [23/5/1950]). Qui Quo Qua comprano a buon mercato un pappagallo dalle mani di un marinaio. Le specialità di Polly sono il conteggio ossessivo degli oggetti dispiegati in serie e la memorizzazione dei numeri, cosicché Paperino ne approfitta per fare di lui un regalo per il compleanno del ricco e avaro zio Paperon de’ Paperoni. Dapprima indispettito per la nuova bocca da sfamare, Paperone si ricrede non appena Polly si rivela un taccuino vivente per la combinazione della sua cassaforte, che egli di contro dimentica sistematicamente. Il giorno dopo Polly scappa dal palazzo di Paperone, così Paperino e Qui Quo Qua sono costretti a una caccia serrata nel porto finché finiscono tutti quanti imbarcati su una nave diretta a Tropicania per incamerare un carico di banane. Giunti in quel Paese, Polly sembra svanire irrimediabilmente nella giungla, alle calcagna di una seducente pappagalla, ma l’idillio non si dimostra di suo gusto e torna dai Paperi, pronto per il ritorno a casa. In America, all’apertura della cassaforte tutti quanti si accorgono che questa è vuota, poiché durante la notte Polly – nella sua solita recita ininterrotta di cifre – ha divulgato la combinazione per aprirla di fronte a due ladri intrufolatisi nel palazzo per scassinarla. Tutto sembra ormai perduto, ma Polly ha reigstrato anche l’indirizzo del nascondiglio dei lestofanti. Il sistema verbale di Polly fa da metronomo assillante, giustificando gli approcci deliranti che si concedono i personaggi e finendo per esaltare le invenzioni spiazzanti (la pappagalla con ben otto figli, i due ladri – il cui aspetto non può non far sovvenire al lettore disneyano gli imminenti Bassotti – che impiegano un mese a dividersi equamente il bottino). Il fattore esotico dell’ultimo terzo appoggia la commedia, quindi non è casuale che modello delle gag sia, in alcuni casi, una ten-pager piuttosto semplice che Barks scrisse e disegnò nel 1946: Paperino e il pappagallo. Ma Polly non è il manierato casinista Joe di Singapore, e l’elaborazione comica è più sofisticata: si veda la scenetta al porto con la virago che chiede a Paperino quante rughe egli vede sul suo volto, al che Polly – da dietro una staccionata – annuncia «21.760». Peccato che la new entry di Polly non sia sfruttata, al di là dei disguidi circa la combinazione della cassaforte, anche in quanto tematicamente collaterale alla contabilità maniacale di Paperone. Il magnate non partecipa alla vicenda da protagonista e non si emancipa dallo sfondo dei caratteristi, ma gli elementi per anticiparne l’exploit ci sono già tutti: le idiosincrasie non più repellenti ma contagiose, l’assetto militare del suo ufficio (ancora accumula il denaro in un suo palazzo e non nel famoso Deposito) col cannone pronto a far fuoco su ladri e postulanti che si presentano alla porta, il potere decisionale sui nipoti (motore di un’azione sempre più multiforme: Paperino costretto a recuperare il pappagallo appollaiato sull’asta portabandiera; l’excursus nei Tropici). Nota anche come Paperino e il pappagallo svitato.

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