Pippo mago e i Sette Nani ** (1956)

Pippo mago e i Sette Nani ** (Italia 1956, b/n e col., 31 p.) Guido Martina (S) e Giulio Chierchini (D), Topolino #148 (10/10/1956). Nella foresta a bruciare foglie secche, Pippo mangia una mela caduta da non si sa dove che lo tramuta istantaneamente in un uomo-pipistrello. Il frutto, preparato da Grimilde la regina-strega e cadutole mentre volava sulla sua scopa magica, era destinato a deturpare la bellezza di Biancaneve. Con quest’ultima Pippo entrerà fortunosamente in contatto nella casupola dei Sette Nani (dapprima li spaventa per via della sua nuova natura ibrida), a quel punto bisognerà concertare un piano per obbligare Grimilde a un contro-incantesimo, ma avendo ereditato le abitudini dei pipistrelli Pippo la notte non riesce a dormire e si reca da solo al castello della strega, mentre questa ha finalmente una nuova mela e assalta la casa dei Nani. Pippo è spazio-temporalmente fuori contesto (o lo sono gli altri?), ma non si riparte dallo zero assoluto poiché qui i Nani lo riconoscono: in Martina si erano incontrati già in Topolino e i grilli atomici (1950) e Topolino e i regali a valanga (1954/55). Biancaneve è come se ripartisse dall’inizio (c’è la mela, concepita dalla Strega come una trovata originale) per poi farsi parodia della stesso film (Pippo intercetta il frutto), infine le direzioni di sceneggiatura rivangano Biancaneve e Verde Fiamma (1953): a conti fatti è un tentativo riuscito a metà di miscelare la comicità delle storie di Pippo (qui in una delle sue rarissime apparizioni martiniane senza Topolino) con l’universo fiabesco dei Sette Nani (all’epoca Martina controllava entrambi i filoni, fra loro indipendenti). Il lettore neofita finisce per assaporare a un livello insufficiente quali fossero le potenzialità dell’uno e dell’altro serial. Qualcosa di felice può rintracciarsi ed è l’assegnazione di poteri occulti e magici a un personaggio disneyano: lo si era già visto nel finale di Paperino e l’albero di Natale (1948), ma per fortuna l’idea è qui sfrondata di tutta quell’imbarazzante retorica moraleggiante, e se l’epilogo vuole impartire una lezione questa lo è perlopiù sul peculiare e imprevedibile personaggio Pippo, che fino a quel momento si è impegnato in un irregolare confronto e battibecco con una strega dai simpatici esiti, considerabile a posteriori una prima apertura a potenzialità che esprimerà poi Pippo e la fattucchiera (1960) di Chendi e Bottaro. Stando agli studiosi, che avranno radunato e confrontato le testimonianze, nonostante segua (nella pubblicazione) un paio di assolo del disegnatore Pippo mago e i Sette Nani «è la storia con cui Chierchini compie il grande salto, e che lo fa accettare da Gentilini come cartoonist autosufficiente: l’episodio rappresenta una prova molto impegnativa […]. Le storie con i Sette Nani sono in genere la “bestia nera” dei disegnatori Disney, dato che richiedono una versatilità fuori dal comune per mediare tra il genere caricaturale dei nani e quello più realistico di Biancaneve e Grimilde» [Boschi-Gori-Sani]. Chierchini accusa certo dell’impaccio e gli occhi enormi ed enfi di alcuni personaggi sono dovuti più all’incertezza che allo stile, ma fa il possibile perché le pose dei modelli non lo limitino (costituiti dall’ovvio collega Carpi ma anche da Paul Murry: per Pippo ripreso di spalle, per le pose della sua andatura e per la sua manifestazione di gioia a pagina 31). L’horror, per atmosfera e metamorfosi, gli è congeniale ed egli lavora nella sua direzione: mentre le idee martiniane possono ricordare al lettore il grottesco del Cobra bianco l’esito risente della sensibilità del disegnatore: «la parziale asprezza del disegno di Chierchini si sposa bene coi toni un po’ neri della trama di Martina, senza cadere nel grottesco nei momenti salienti (come quando Pippo si muta in un pipistrello gigante con tanto di ali e artigli)» [idem]. La vignetta-tavola d’introduzione rievoca quella di Paperino e la mela stregata (1954), in cui Chierchini era ancora in tandem con Carpi, ma qui l’autore indugia e si allena di più sulle architetture medievali, che parte importante avranno nella sua carriera. Il titolo nell’indice del Topolino in cui esordì è Pippo Mago e i sette nani, maiuscolo (e fu Martina o no a concepirlo tale?): si era forse pensato al nome con cui era noto, appunto, Simon Mago? A essere puntigliosi Pippo vola come quello si librava, ma a tutte le possibili ricchezze che avrebbero allettato il simoniaco (il primo della sua risma, secondo la tradizione) Pippo oppone voglie meno artificiose e impegnative.

Fonti:

Link Inducks: I TL 148-B

Luca Boschi, Leonardo Gori e Andrea Sani, I Disney italiani, Granata Press, Bologna, ottobre 1990, p. 125.

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