Topolino e il mistero di Macchia Nera *** (1939)

Topolino e il mistero di Macchia Nera *** (s. t., poi Mickey Mouse Outwits the Phantom Blot, USA 1939, b/n, 97 strisce) Merrill De Maris (S) e Floyd Gottfredson (T e D), strisce giornaliere 20/5-9/9/1939. Il commissario Basettoni richiede la collaborazione di Topolino, poiché un criminale nerovestito che trafuga macchine fotografiche (chiamato Macchia Nera [The Blot in originale]) conosce già tutti gli agenti del suo dipartimento. Purtroppo Macchia Nera, in grado di apprendere in tempo ogni mossa del nemico, sa già che Topolino si occupa del caso, e dopo una prima cattura con trappola mortale annessa (cui Topolino riesce a scampare) dovrà fronteggiare ininterrottamente un Mickey intestardito ad acciuffarlo e a scoprire il motivo dei suoi strambi furti. In realtà, un esemplare di tali macchine fotografiche conterrebbe una preziosa formula. Celebre avventura dark di Topolino che si svolge in gran parte durante la notte, prettamente urbana (con un’incursione rurale) com’è tipico in questa fase di De Maris e in cui la paranoia bellica (Macchia Nera è una spia che può esser letteralmente chiunque) si scioglie in parte in un thriller a tinte forti con esplosioni di action al cardiopalma e vertiginoso (i numerosi inseguimenti avvengono in moto, in automobile, in motoscafo, sulla coda di un aeroplano in volo). Un piccolo gioiello è anche la sequenza, senza Macchia Nera, in cui Topolino – per volersi impadronire della macchina fotografica in mano a una bambina – è circondato da un gruppo di gente che lo crede un rapitore di bambini. È un po’ implausibile che Macchia Nera, nonostante la quantità di lettere minatorie recapitate, non intenda ammazzare direttamente nessuno, ma in definitiva la sua mania dei marchingegni alla Rube Goldberg (in una versione horror e letale) contribuisce a renderlo un antagonista atipico e iconico: i suoi meccanismi affidano ipocritamente la responsabilità finale della morte alla stessa vittima: addormentandosi, Topolino finirebbe impiccato; nell’ultima trappola, Topolino agiterebbe il piede scottato dalla candela azionando così la pistola puntata su di lui. Macchia Nera, anche quando alla fine getta la maschera mostrando un volto baffuto e con canthal tilt negativo alla Adolphe Menjou (ma alcuni critici pensano che Gottfredon abbia voluto ritrarvi Walt Disney) rimane un personaggio nebuloso in cui non si individua bene il legame tra la sua smisurata cattiveria e l’attività spionistica a fini commerciali (la formula serve per la composizione chimica di un elemento affine al radio ma più economico, che come in Topolino e il mistero dell’Uomo Nuvola può essere usato a fin di bene ma anche come arma offensiva): la sua volontà di non sporcarsi le mani è forse un’allusione alle manovre laterali e ingannevoli delle nazioni straniere (sicuramente europee, con cui Macchia Nera intende fare affari)? Il costume completamente nero (che gli lascia scoperti gli occhi, anche se le orbite sono vuote) e le sue apparizioni improvvise e quasi illogiche (come appunto un fantasma) concettualmente fanno risalire Macchia Nera a un infinito stuolo di analoghi antecedenti: si parte dall’incappucciato Fantomas letterario per passare all’animazione (il nero ladro-fantasma del cortometraggio con Mutt e Jeff Slick Sleuths, 1926), quindi ai fumetti: il criminale argentino della sequenza El Bandito (1927) nei Minute Movies di Ed Wheelan (veramente molto simile a Macchia Nera); il “fantasma nero” de La gallina fischiona (1928/29) di Elzie Crisler Segar; il misterioso “La Volpe” di Topolino nella valle infernale (1930); il Bandito Pipistrello dell’omonima storia di Gottfredson del 1934. Lo spruzzo di eccentricità dato a Macchia Nera, però, lo ha consacrato come uno dei cattivi più affascinanti e utilizzati della produzione Disney. Il fatto che Topolino a un certo punto si travesta da «Piccola Macchia» per precedere il delinquente nei furti (Topolino è dunque costretto a mettersi al suo livello, diventare come lui per poterlo battere) incrementa le analogie coi plot dei vecchi Fantomas. Gottfredson e De Maris non dimenticano comunque le spiazzanti trovate umoristiche che caratterizzano da sempre la striscia di Topolino: memorabile è l’esilarante scena con Topolino che cammina per la città con un pezzo di corda legata al collo, poiché impossibilitato a tagliarla dopo aver rischiato di morire impiccato. Poco ispirate, invece, le gag nella stazione di polizia che – accompagnandole in parallelo – intendono contrappuntare la tensione delle sequenze con Topolino e Macchia Nera. La prima ristampa americana in albo assegna al personaggio il nomignolo di «Phantom Blot», mentre nella storia questi due termini non sono mai accostati (il criminale è definito «The Phantom», o «The Blot» per allusione allo schizzo d’inchiostro che appone come firma). Con un remake nel 1949 disegnato da Dick Moores e Bill Wright (Mickey Mouse Outwits the Phantom Blot, che attenua l’efferatezza di una trappola), un sequel italiano di Guido Martina e Romano Scarpa (Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera, 1955), una ristampa con 15 tavole ritoccate o completamente ridisegnate da Paul Murry (sull’albo Mickey Mouse Club Parade del 1955, in cui ancora una volta le trappole di Macchia Nera sono edulcorate) e un remake sintetico sempre nell’ambito delle strisce giornaliere (Mickey Mouse Outwits the Phantom Blot, 14 marzo-9 aprile 1994, di Gary Whitney e Rick Hoover). Nel 1993 è ideato un giveaway destinato ai bambini, che presenta brevi riassunti (di 2 pagine l’uno) di storie classiche di Gottfredson, tra queste anche l’Outwits the Phantom Blot di Gottfredson. I due travestimenti di Topolino saranno più volte ripescati dagli autori Disney italiani, a partire dal seguito Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera. L’idea del materiale prezioso nascosto in una serie di oggetti uguali proviene dal racconto con Sherlock Holmes I sei napoleoni (The Adventure of the Six Napoleons, 1904) di Arthur Conan Doyle, e vi ricorrerà anche Romano Scarpa per Topolino e l’unghia di Kalì. Si tratta della prima convocazione di Topolino da parte del Commissario Basettoni [Chief O’Hara in originale, irlandese al pari del suo inferiore in grado Detective Casey alias Manetta, qui alla sua seconda partecipazione dopo Topolino e la banda dei piombatori]: che sia una svolta poliziesca studiata a tavolino lo indicano il fatto che Topolino e Basettoni sono già presentati come conoscenti e la presenza di un rifugio segreto che Topolino possiede nel sottosuolo del suo giardino, il quale oltre a proteggerlo funge da laboratorio. Tanto sarà raro che Macchia Nera agisca a capo scoperto (tradizione vuole che Disney stesso lo abbia sconsigliato, per l’affinità fisionomica tra i due), che negli anni ’70 in Brasile si lanciò un concorso per trovare un volto al personaggio, ignorando la rivelazione contenuta in chiusura dell’antica storia di Gottfredson. Il ripasso a china è di Ted Thwaites e Bill Wright. Seguita da Topolino e la lampada di Aladino.

Fonti:

Link Inducks: YM 039

Thomas Andrae, Of Mouse & Man 1938-1940: Gags and Gravitas, in David Gerstein (ed.), Floyd Gottfredson, Gary Groth (ed.), Mickey Mouse: Outwits the Phantom Blot, «Floyd Gottfredson Library» #5, Fantagraphics Books, Seattle (WA), giugno 2014, pp. 8-13.

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