Topolino contro Topolino **** (1953)

Topolino contro Topolino **** (s. t., poi Mickey Mouse – Mickey’s Dangerous Double, USA 1953, b/n, 91 strisce) Bill Walsh (S) e Floyd Gottfredson (D), strisce giornaliere 7/3-24/6/1953. Di ritorno dal viaggio spaziale con Pippo in cui ha conosciuto Dynamina e Magneto, Topolino trova che tutti i suoi amici, Minni e l’intera cittadinanza lo evitano come se fosse un delinquente della peggiore risma. Il fatto è che egli non ha nulla a che fare con le slealtà che gli vengono attribuite. A un passo dalla galera per colpe non commesse, completamente solo e inimicato perfino da Basettoni, comprende che la sua casa è abitata da un topo a lui identico. Non può reagirvi perché così decreterebbe l’immediata morte di Pluto. Bill Walsh orchestra una delle sue sinfonie più efficaci del ciclo: le sequenze d’azione e di suspense – secche e dal montaggio serrato – si infiltrano sì nel plot con la raffinatezza di un Lang o di un Hitchcock, ma il fulcro è la tensione psicologica continua con cui Walsh e Gottfredson arrivano a un passo dalla demolizione completa del loro personaggio, di fronte alla sua paventata sostituzione con un “Topo nuovo”. Dal William Wilson di Edgar Allan Poe proviene la lettura del replicante “malvagio” quale manifestazione repressa svelante ipocrisie e meschinità che ne fa George A. A. Willis nel racconto La tragedia del doppione (The Case of Mr. Pelham, 1940), poi adattato sia da Hitchcock per la TV nel 1955 (gli valse un Emmy) che da Basil Dearden in un bel film con Roger Moore del 1970. Ovviamente Walsh e Gottfredson non possono mettere (del tutto) in discussione il mondo ben codificato di Topolino (pur nella sua evidente complessità in confronto all’omologo gestito dagli autori dei più convenzionali albi), preferendo prendere una direzione alla Cornell Woolrich (si ricordi il suo racconto del 1941 Nightmare, forse già alla base di Topolino e la casa misteriosa di Walsh, in cui il protagonista sogna di uccidere qualcuno e svegliandosi scopre che il sogno è diventato realtà). Ma, nell’epoca in cui stava affermandosi il post-noir (di cui Un bacio e una pistola resta forse il migliore esempio poiché «ha catturato il terrore e la paura che si celano dietro la falsa calma degli anni Cinquanta» [Jack Shadoian]), Walsh porta il riflettersi speculare di Mickey agli estremi storici: Miklos il trasformista, detto anche Topo Grigio, è il perfetto opposto di Topolino, rappresenta tutti i difetti e le mancanze che egli ha sempre rinnegato ma che tornano a chiedere il conto in un’incarnazione criminale fuori dagli schemi, perché Mickey esiste solo in virtù di questi ma sembrava averlo rimosso (in questo senso è efficace che ciò avvenga dopo una lunga assenza di Topolino da casa, per cui nessuno lo ha materialmente visto per tanto tempo). Ma è anche un confronto col sé che la società intende modellare a puntino, un sé che Topolino osserva attraverso la finestra in un’ottica straniante. Al ritorno dallo spazio, infatti, Topolino si accorge che il mondo cambia in fretta: la confusione della Guerra Fredda e del maccartismo, che hanno contrapposto tra loro gli stessi americani delle villette suburbane (a quel tempo in ascesa) come quella di Topolino, hanno infatti perseguitato per anni le coscienze degli americani. In questo modo hanno generato una schizofrenia, una frammentazione in cui il cittadino teme colpevole se stesso e non sa se si sta guardando dalla parte giusta: avviene narrativamente nell’ottima sequenza in cui il vero Topolino, fuori in giardino, osserva dalla finestra il suo doppio che compie le azioni abituali del vero Topolino, e nel colmo della confusione mentale si chiede dunque chi dei due sia il Topolino reale. Perché è accettabile pensare che il nemico della nazione si nasconda tra noi sotto una maschera ipocrita, ma cosa poter fare se lo siamo noi stessi? E quella testé descritta è proprio una scena chiave: poco dopo lo stesso Miklos conferma che il suo obiettivo è fare incolpare dei propri crimini il vero Topolino, mentre egli sposerà la sua ragazza (Minni) e vivrà la perfetta vita da middle man promossa dai media. Il punto di vista che adottano Walsh e Gottfredson è soggettivo e incrementa la paranoia: noi ci muoviamo più o meno sullo stesso livello di conoscenza di Topolino e siamo increduli quanto lui (di contro i personaggi che gli stanno intorno sono sicuri che Topolino sia un criminale), e le poche silhouette di Miklos che d’un tratto iniziano ad affiorare fungono semmai da proiezioni dell’istintivo sospetto di Topolino che qualcuno o qualcosa lo stia minacciando. L’avvincente e grottesco showdown tra i due Topolini avviene in un enorme deposito di giocattoli estremamente pericolosi: Topolino deve ripartire dai recessi più profondi e “innocenti” del sé per poter fare i conti con la propria identità, ma non è impresa facile. Un ultimo brivido dà l’augurio finale di Miklos «a rivederci, un giorno o l’altro» ma, come chiosa un Topolino non più capace di reggersi in piedi, a questo punto si è troppo provati per avere ancora paura, meglio non pensarci (per ora). Ottima la sequenza nella cabina della doccia che si riempie d’acqua fino all’orlo, con Topolino ivi intrappolato e costretto a nuotarvi dentro: un modo abile di dar spazio a barlumi di suspense senza estinguere il clima lievemente onirico. Sul piano grafico nulla da aggiungere sulla comprovata maestosità del tratto di Gottfredson: qui, eccellenti sono i giochi d’ombre (i lampi espressionisti dei film noir, come l’ombra di Miklos con un martello in mano che si materializza dietro Topolino), e Pluto nella stanza oscura – incatenato e col pelo arruffato – è una di quelle scene che non si dimenticano. Gustoso il personaggio del Dr. Heza Dhilly [De Follis nell’edizione italiana] che lavora come psicologo criminale per scontare le multe, sciatto ma competente. Spassosi i tentativi di Basettoni e Minni per distinguere il Topolino vero da quello falso, col pasticcio di rabarbaro in salsa di cioccolato (presunto piatto preferito del vero Mickey) che finisce per causare indigestione a entrambi. Suggestive le analogie rintracciabili fra parte della trama di questa storia e l’equivoco di identità descritto in un articolo di cronaca su Life del 29 giugno 1953, poi alla base del film Il ladro (The Wrong Man, 1956) di Alfred Hitchcock. Conosciuta informalmente anche come The Gray Mouse e Mickey vs. Mickey, da noi come Topolino e il doppio pericolo. In USA l’hanno rivista, in albo, a 50 anni di distanza. Alcune cronologie classificano appartenenti a questa continuity le strisce che concludono definitivamente l’avventura precedente e quelle che labilmente preannunciano (l’estrema stanchezza di Topolino dopo il confronto con Miklos) la successiva, Topolino e la scarpa magica.

Fonti:

Link Inducks: YM 131

I sobborghi in Nord America su Wikipedia (ENG)

Thomas Andrae, Of Mouse & Man 1951-1953: Identity Crisis, in David Gerstein (ed.), Floyd Gottfredson, Gary Groth (ed.), Mickey Mouse: Mickey vs. Mickey, «Floyd Gottfredson Library» #11, Fantagraphics Books, Seattle (WA), 6 giugno 2017, pp. 8-11.

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