Topolino e il deserto del nulla ***½ (1952/53)

Topolino e il deserto del nulla ***½ (s. t., poi Mickey Mouse – Hoosat from Another Planet, USA 1952/1953, b/n, 133 strisce) Bill Walsh (S) e Floyd Gottfredson (D), strisce giornaliere 3/10/1952-6/3/1953. Nel deserto più deserto in cerca di uranio, Topolino e Pippo si imbattono in una comunità di robot capeggiati da una donna – Dynamina [Hoosat in originale] – e da (ciò che resta di) suo padre. I due provengono dallo spazio e sono sulla Terra per estrarne il prezioso blirio (elemento che immagazzina una sorta di fantomatica energia pura) prima che della sua esistenza si accorgano i terrestri. La ragazza si invaghisce di Pippo e arriva a rimpicciolirlo con un raggio per portarlo più facilmente sul suo pianeta, mentre il tormentato robottino Magneto cercherà di aiutare come può i due protagonisti. Si tratta del Walsh a briglie sciolte che, frenetico e talvolta frammentario, se preso per il verso giusto sa farsi amare: dopo un inizio a base di segnali inquietanti e indecifrabili (l’orologio fermo da 40 anni che improvvisamente inizia a ticchettare, il contatore geiger impazzito) e di un minacciato annegamento di Topolino e Pippo nelle sabbie mobili, spezza momentaneamente la suspense lo scorcio di un riuscito contrasto tra l’ambientazione selvaggia e l’ipertecnologico villaggio di robot auto-costruenti (come in Topolino e le meraviglie del domani): l’idea, non del tutto originale, proviene dal famoso serial cinematografico The Phantom Empire (1935) con Gene Autry, che inizia come un western ma si addentra in una città sotterranea (fondata dagli ultimi abitanti di Mu) fornita di schermi televisivi, pistole a raggi e robot. Nessuno degli automi del Deserto del nulla sa dire a Topolino il nome del loro primo costruttore, il solo provare a indagarlo causa un tilt immediato nei circuiti del loro apparato elettronico. Il robottino Magneto, reminiscenza dell’indimenticato Eta Beta, è un risultato fumettistico delle riflessioni di Asimov di qualche anno prima e pone interrogativi sulla natura dei processi di un cervello artificiale. Più avanti, nello spazio siderale, il salvataggio di Magneto da parte di Topolino (effettuato senza velleità supereroistiche) va visto in parallelo non solo con quello compiuto dal robot a inizio storia a favore di Topolino e Pippo prigionieri nelle sabbie mobili, ma anche con l’immolazione di Pippo che poco prima si era gettato nel fango col proposito di salvare Topolino o morire insieme a lui: se il salvare una vita ha una componente speculare (è strettamente legato alla riconoscenza da parte del soggetto salvato), Walsh instilla dubbi proprio sul perché Topolino si premuri di salvare un conglomerato di circuiti che non dovrebbe provare sentimenti. Topolino forse risponde più spontaneamente (vincendo le resistenze più pratiche di Pippo, che intende trattenerlo dal salvare Magneto) a un impulso naturale e insopprimibile per la salvaguardia del prossimo, è il suo modo – magari anche ingenuo e paradossale – di relazionarsi a una macchina; nel contempo Magneto cerca di conquistare intimamente quella naturalezza e umanità che proprio contraddistingue Topolino. Per Dynamina invece, come per tante donne del suo universo, Walsh non riserva pietà ma solo un rimpianto per bocca di Pippo: «Aveva la brutta abitudine di ammazzare la gente… ma era l’unica ragazza a pensare che fossi carino». Dynamina è la tipica donna fatale e crudele dei racconti d’avventura e di fantascienza (anche il serial sopracitato The Phantom Empire aveva, a capo della città sotterranea di Murania, la bionda e glaciale regina Tika), ma inoltre è un’efficace variante del classico topos della figlia dello scienziato, ponendosi ella stessa a vero e spietato leader foriero di tenebrosi giorni per l’umanità (nonostante asserisca di impadronirsi del blirio per evitare che sia la Terra a dare inizio alle guerre siderali), e in odore di rivalsa femminista rimpicciolisce Pippo e lo mette sotto vetro come un accessorio. Non ha bisogno di un uomo bello e prestante, non è dunque casuale si incapricci di Pippo. Adattando a Dynamina un’osservazione che lo studioso Thomas Andrae fa sull’Aygotcha del Tesoro di Moook, preme notare come ella – evoluzione anni ’50 della femme fatale, quindi la chiave è neo-noir – rifletta, a un tempo, l’emancipazione femminile nella nominale gender equality sovietica e la “nuova donna” americana (quella impegnata in mansioni prettamente maschili, a partire dall’esodo bellico degli anni ’40 che lasciava sguarnite le città). Interessante è analizzare Dynamina anche con un’occhio a quanto la studiosa Jans B. Wager scrive riguardo a un personaggio femminile cruciale del film Un bacio e una pistola (Kiss Me Deadly, 1955) di Robert Aldrich. Dynamina, più centrale di altre figure femminili delineate da Walsh, non è forse una femme fatale vista da una prospettiva apocalittica, inscritta in una vicenda dai toni non solo pessimisti ma anche allusivamente catastrofici? I “forti” aggettivi appena pronunciati, li ricaviamo dal modo in cui la Wager espone le caratteristiche di Gabrielle, la ragazza che nell’epilogo del film di Aldrich apre la misteriosa valigetta che sprigiona un inferno di fuoco di natura probabilmente nucleare. Il blirio del Deserto del nulla, con cui Dynamina si trastulla molto sicura di sé, sarebbe forse stato capace di comportarsi ugualmente nelle sue luciferine mani? Il padre di Dynamina, invece, che c’è e allo stesso tempo non c’è, ha solo una voce proveniente da un enorme cilindro metallico che nella forma ricorda ancora una volta – prepotente ed esplicita – la paranoia atomica (un’esplosione ne ha distrutto il corpo, conservandone solo la voce). L’auto-annientamento in serie dell’esercito di robot operai per ordine di Dynamina procede per inquietanti esecuzioni ed è quindi diverso dall’immane tafferuglio tragicomico degli automi in Topolino e le meraviglie del domani. Nel finale, di fronte alle mitragliate al loro disco volante da parte dell’URSS, Topolino e Pippo auspicano una presunta solidarietà da parte degli USA, ma questa sarà puntualmente disattesa: anche Washington spara contro il disco senza mezzi termini, inducendo Magneto alla scelta irrevocabile di non metter mai piede sulla Terra. Il summenzionato salvataggio-sacrificio di Pippo che si getta nelle sabbie mobili per morire con Topolino è probabilmente il punto di arrivo nella descrizione del rapporto tra i due personaggi. Il nome originale di Magneto è Ohm-eye (l’ohm è unità di misura dell’energia elettrica, ma suona anche come Oh, my! = «Oh, cielo!»). Certi comportamenti del blirio prefigurano quelli della sostanza gommosa scoperta dal prof. Brainard nel film Disney Un professore fra le nuvole (The Absent-Minded Professor, 1961), sceneggiato anni dopo da Walsh con un approccio molto meno drammatico. Alcune cronologie escludono da questa storia il finale ambientato nella discarica dove è finita per errore parte di blirio (nonostante i timori catastrofisti di Topolino e Pippo, il blirio muta la discarica in un prato fiorito, contrariamente ai rischi che avrebbe comportato il suo uso da parte di Dynamina), e lo accorpano – come incipit – all’avventura successiva: Topolino contro Topolino. Conosciuta informalmente anche come Bleerium, mentre da noi un titolo alternativo è Topolino e il paese del nulla. In Italia, in un’occasione è anche stata spezzata in 2 parti, con la seconda porzione intitolata Topolino e Pippo tascabile.

Fonti:

Link Inducks: YM 130

Thomas Andrae, Of Mouse & Man 1948-1951: Cold War Noir Redux, in David Gerstein (ed.), Floyd Gottfredson, Gary Groth (ed.), Mickey Mouse: Planet of Faceless Foes, «Floyd Gottfredson Library» #10, Fantagraphics Books, Seattle (WA), 18 ottobre 2016, pp. 8-13.

Duck Comics Revue: Hoosat from Another Planet

Jans B. Wager, Dames in the Driver’s Seat, University of Texas Press, 2005, pp. 63-71.

Lascia un commento