Topolino e gli orfani di guerra **½ (1944)

Topolino e gli orfani di guerra **½ (s. t., poi Mickey Mouse – The War Orphans, USA 1944, b/n, 30 strisce) Bill Walsh (S) e Floyd Gottfredson (D), strisce giornaliere 13/3-15/4/1944. In una tempestosa serata tre bambini sperduti si presentano alla porta di Topolino. Due di essi sono chiaramente europei, il terzo è un cinese. Per Topolino è arduo nasconderli alla curiosità della gente, ma il peggio avviene quando un jazzista alleato dei Nazisti – Tommy Tobias – li fa rapire e decreta inevitabile la loro morte. Le psicologie dei bambini accolti da Topolino sono elementari, ma non spiccicano una parola in inglese e «per gli Americani degli anni ’40, comunemente impreparati nelle lingue straniere, questo doveva farli apparire realmente alieni, esaltando ancor più il gesto generoso di Topolino» [Leonardo Gori e Francesco Stajano], il quale rinuncia al proprio letto per farveli dormire e giunge perfino a celarli alla polizia. I Nazisti si sono intrufolati nel territorio americano come in Un’avventura di Topolino nella Seconda Guerra Mondiale, ma stavolta l’intreccio è noir e la rapida sceneggiatura evita perfino di indugiare nelle spiegazioni di prammatica (i piccoli si sono persi in un incidente stradale mentre erano sotto la custodia del Dipartimento di Stato, d’accordo, ma i loro genitori sono forse morti?), impegnata com’è a suggerire in una carrellata di durezze il clima ostile di quel ’44, appena smorzato dalla caricatura di Hitler con le orecchie d’asino che fa capolino da un cartellone. Degna di un thriller cinematografico la sparizione subitanea dei bambini mentre assistono a un teatro itinerante di burattini. Per quanto riguarda la componente musicale di questa storia, «potremmo quasi codificare il ricorrente stereotipo walshiano in un’equazione: jazz/swing/cool = inaffidabile = nemico alieno?» [idem]. A tener desta l’attenzione è anche la buona qualità delle gag, tra le quali si ricorda Pippo navigato maestro di pappagalli che insegna ai bambini «Polly want a cracker». Il cane femmina al servizio dei Nazisti che adesca Pluto ha un profilo imbronciato alla Marlene Dietrich. Affidare un ruolo di co-protagonista a Pluto è una caratteristica di questa prima fase walshiana, in seguito l’autore si dedicherà al cane di Topolino soprattutto nelle tavole domenicali di Mickey Mouse di fine anni ’40. Nel finale, in cui i due eredi al trono abdicano per abbracciare la democrazia e la modernità statunitensi trasferendosi su suolo americano, si fa un po’ di confusione: il loro Paese risulta la Zebravia (prima si era detto Tevobravia) e l’agente del Dipartimento discute col bambino cinese in una lingua con caratteri giapponesi! Il ripasso a china è di Dick Moores. In Italia è giunta tardivamente negli anni ’80 all’interno delle pubblicazioni per collezionisti, gli USA l’hanno rivista dopo oltre 70 anni nella collana della Fantagraphics che ripropone il Gottfredson integrale. Esiste in due versioni principali: con le vignette integrali e con le medesime ritagliate, la prima è stata ripubblicata per intero (ma rimontata) nei numeri di Walt Disney’s Comics and Stories che proponevano la storia a poca distanza dal suo esordio sui quotidiani, mentre la ristampa Fantagraphics curiosamente mescola le due versioni (di conseguenza molte strisce non sono nella loro edizione estesa). Seguita da Topolino nell’isola della morte.

Fonti:

Link Inducks: YM 061

Scarica qui la storia nella versione inedita a vignette intere [ENG]

Lascia un commento