Topolino e il tesoro degli Aztechi **½ (1957)

Topolino e il tesoro degli Aztechi **½ (Italia 1957, b/n e col., 53 p.) Guido Martina (S) e Giovan Battista Carpi (D), Topolino #170-171 (10-25/9/1957). Una moneta quadrata di matrice azteca, che Pippo ha trovato in solaio, spalanca le porte a una caccia al tesoro in terra messicana, ma Topolino e l’amico non sono soli: anche il disonestissimo prof. Cleopatro Melanzana, aztecologo, lo ricerca alacremente, coadiuvato da uno scagnozzo parimenti senza scrupoli. L’unica notizia che si sa sull’ubicazione della reggia del re Querotal è che sarebbe «in fondo al mare in cima a una montagna» (è anche la dritta che dava a Pippo bambino suo nonno Pirippus, il quale di tanto in tanto gli riappare in sogno), ma ovviamente è un accostamento privo (apparentemente) di alcun senso. L’avventura – e il nonsense – prevalgono sulla divulgazione (carente in vari punti, storici e non: giusto per ridimensionare l’indicazione sul proposito martiniano di «divulgare divertendo») e la fagocitano per giunta, ma l’approccio calcolatore da thriller investigativo v’è integrato, com’era usuale in Martina e nelle coeve storie a puntate di Paul Murry. Le monete quadrate sono forse sì un omaggio alle uova quadre di Paperino e il mistero degli Incas (1949), ma fanno anche riflettere su questa tendenza della cultura popolare a “quadrare” le cose appartenenti alle civiltà precolombiane: forse perché queste non conoscevan la ruota, e per le figure geometriche spigolose (xicalcoliuhqui, la «greca scalata») che caratterizzano l’arte mesoamericana. Ottima caratterizzazione di Pippo, per cui Martina fa a meno dei soliti poteri acquisiti preternaturali, dotato di fermezza (e ostinazione), mentre sul versante antagonista ci sono due “cattivi” che – stereotipi in conto – in confronto ai decenni successivi della storia Disney spiccano per una spietatezza con pochi uguali e per l’abitudine a minacciare la morte freddamente, persino fuor di collera. C’è qualche passaggio un po’ scontato per chi conosce già le formule martiniane (ma talvolta si recupera in sorpresa: il ricamo di senso sugli asinelli «ombrosi», cioè hanno paura dell’ombra), ed è vero – come nota qualche lettore – che l’avventura in paese straniero (occupa la seconda puntata) non è intrisa del fascino che ci si aspetterebbe, ma tirando le somme l’episodio si staglia come un buon racconto sulla fumosità dei sogni (e il rinunciatarismo dei protagonisti ricorda Bill Walsh). E si passa, singolarmente, per una rappresentazione di Topolino che, nella resa, concede margine alla fiducia nelle superstizioni. Un Carpi con sempre meno incertezze, che regala ottimi paesaggi e ripropone il Topolino più borghese di Gottfredson (quello sotto la guida di Walsh), in più vuole mantener la parentela con la striscia americana impiegando il retino tipografico che dà i toni di grigio. Topolino e il tesoro degli Aztechi non è mai stata riproposta in un’edizione conforme all’originale: anche se I Grandi Classici Disney #47 del 2019 ripristina la prima tavola della seconda parte, mantiene tutte le censure note della prima, compresa l’inaccettabile rimozione del pugnale dalle mani di Melanzana a pagina 17 (cosa che obbligò a una modifica delle battute mentre Pippo è sequestrato dal professore).

Fonti:

Link Inducks: I TL 170-AP

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