Topolino nell’isola della morte ***½ (1944)

Topolino nell’isola della morte ***½ (s. t., poi Mickey Mouse – The Pirate Ghostship, USA 1944, b/n, 78 strisce) Bill Walsh (S) e Floyd Gottfredson (D), strisce giornaliere 17/4-15/7/1944. Per rimpinguare le riserve di cibo della nazione, Topolino si imbarca con Pluto sul peschereccio Ruthie R. Una tromba marina li porta fuori rotta, in una zona di mare infestata da mostri e spettrali presenze. Troppo tardi il capitano, Topolino e Pluto (unici superstiti) si accorgono di essere precipitati nel XVII secolo, ove il sanguinario pirata capitan Barbone [Greatbeard in originale], antenato di Pietro Gambadilegno, dopo averli affondati li accoglie a bordo. A capo di una malandata congrega di anziani pirati, Topolino riesce a portare a termine un ammutinamento, ma la nave finisce nei paraggi della leggendaria Isola della Morte (o del Morto), protetta da un gas letale e abitata dai Cannibali del Mare governati da una maga bianca (simile a Minni). In un lago dell’isola sarebbe sommerso il tesoro del capitano Skidd, ma è sorvegliato da uno o più mostri. La guerra infuria, Walsh e Gottfredson spediscono Topolino lontano fino a un’altra dimensione (nella mappa che dà loro capitan Barbone, Topolino e Pluto non riescono ancora a trovare gli Stati Uniti!), quella dell’avventura classica, tanto da rendere questa vicenda un esempio di perfetta storia piratesca, ma è pressoché impossibile tener lontano il clima luttuoso che il mondo respira e questo va ad avviluppare inevitabilmente le latitudini intorno all’Isola della Morte (annunciato dal corvo gigante che precipita moribondo sulla tolda della nave di Barbone), suggerendo come la grande tragedia umana si ripeta in fondo ovunque. Il sogno lascia presto spazio all’incubo consistente delle più terribili leggende del mare, quasi tutte concentrate in questa sequenza: la «morte che cammina» la quale avvinghia invisibile due marinai sbarcati sull’isola, irrigidendo i loro cadaveri in una posa dinamica (per poi decomporli in pochi minuti); il recinto coi marinai rimpiccioliti (invece che mutati in maiali come sotto Circe) sull’Isola della Morte; i mostri subacquei carnivori. Walsh mastica e rimodula gli stereotipi del caso in un ottimo equilibrio complessivo in cui la metodica beffa è prima di tutto un’apertura a nuove possibilità per l’Avventura, più o meno come in contemporanea faceva Benito Jacovitti con le sue storie marinare. Capitan Barbone, lungi dall’essere l’antagonista tout court, è anch’egli vittima di uno schema superiore di cui una delle manifestazioni è appunto l’Isola della Morte: paga caro il suo attaccamento istintivo a uno degli elementi meno importanti dell’odissea (il tesoro del capitano Skidd che giace in fondo al lago), affondando nella lava bollente durante il cataclisma finale. L’Isola della Morte è un primo esempio di mondo altro creato da Walsh, un Altrove impregnato di escapismo in cui Bene e Male, amore e morte, luce e tenebra si incastrano secondo imperscrutabili disegni proprio come le dimensioni aliene di Abraham Merritt (accessibili solo tramite soglie nascoste), un mondo in cui Topolino cerca di soddisfare le esigenze negate nella vita reale. Questo in una visione poetica ed emotiva, più che politica come nei microcosmi alternativi delle storie walshiane successive. Un Aldilà da cui Topolino torna in tempo per non esser giudicato un disertore dal proprio Paese. Una magia della «Dea bianca» consente a Pluto di parlare in modalità umana per pochi istanti, ma è subito zittito quando sta per confessare nervosamente a Topolino l’adorazione che ha sempre provato per lui (il capitano W. de L’uccellino bianco [The Little White Bird, 1902] di J. M. Barrie non diceva forse che «l’insopportabile tristezza nello sguardo dei cani dipende dal fatto che non possono dire grazie ai loro padroni» [cap. 20]?). Angosciante il mortale combattimento subacqueo alla Mondo perduto tra i due enormi mostri lacustri, dato che un’alleanza gratuita e inaspettata era giunta a Topolino da uno dei due (che arriva a perdere la propria vita per lui), i quali finiscono per fracassare la diga (un rettile marino che giunge in soccorso per salvare i protagonisti da un animale della stessa specie è già sequenza della Navigazione di San Brandano [X sec. circa], opera dalle origini irlandesi come quelle di Walsh, e da cui Walsh sembra ereditare l’idea del viaggio iniziatico colmo di insidie e orrori ermetici). La raccolta della zattera con Topolino, Pluto e il capitano della Ruthie R. da parte di una nave da guerra crea una di quelle prime confusioni tra sogno e realtà tipiche dell’inquieta produzione di Walsh. Questo accadeva anche al luogotenente Saint-Avit alla fine de L’Atlantide (1932) di Georg Wilhelm Pabst, risvegliatosi disorientato dopo l’avventura con l’irreale regina Antinea (ma nel fumetto di Walsh la scena è più suggestiva). Vivido a suo modo il nuovo Topolino degli anni ’40, più remissivo («Non m’importa lavorare per questi pirati, ma gradirei che almeno ci dessero più da mangiare») e timoroso (oggigiorno fa capolino soprattutto, non a caso, nelle sotto-serie più scopertamente comiche e/o demenziali di un Faraci o una Ziche). Esilarante la sequenza con Topolino e Barbone che hanno gli incubi per aver visto il mostro, mentre quest’ultimo li ha sì anche lui, ma per aver visto loro due. Le chine sono di Dick Moores. Conosciuta anche come The Island of Death. Un anonimo grafico estese il panorama di almeno le prime 12 strisce della storia (ovvero dal 17 al 29 aprile) arrivando a distanziare innaturalmente i personaggi tra loro, per quei giornali che avevano uno spazio più ampio da dedicare alla striscia. La versione non panoramica di queste 12 strisce, molto rara, recentemente è stata riproposta a sorpresa nella collana USA che pubblica il Gottfredson integrale1.

Fonti:

Link Inducks: YM 062

1 Scarica qui le prime 12 strisce nella loro edizione originale [ENG]

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